martedì 22 luglio 2014

Uno dei tratti in comune tra il medico e suo padre, oltre ai capelli rossi ed un carattere a dir poco introverso, è la mania per la puntualità. Se Steven Shaw è solito spaccare il secondo, Eddie è ormai ad un passo dalla compulsione vera e propria arrivando ad ogni appuntamento con almeno una decina di minuti di anticipo. Questo, nonostante non sopporti dover aspettare il prossimo. Una delle tante contraddizioni del suo carattere, sebbene non la più grave.

È seduto su una panchina all'esterno dello spazioporto di Capital City, sbocconcellando distrattamente un panino, farcito con qualcosa che dovrebbe avere il sapore di pomodori, innaffiandolo con una bottiglietta d'acqua. Gli occhi azzurri, celati da un paio di occhiali a specchio, spaziano tra l'uscita dello spazioporto ed il proprio Cortex Pad. Dall'uno all'altro, per poi sbuffare. È in ritardo. Come al solito. Il volo è arrivato puntuale, ha controllato, e da più di mezz'ora Nicholas non si fa vedere.

Nicholas Kensington


Se la puntualità del medico è una certezza, il ritardo cronico di suo cugino è una costante. Il Rosso rassegnato recupera il proprio lettore multimediale dalla tasca della giacca, portando gli auricolari alle orecchie, cercando di distrarsi con la musica. Altri cinque minuti, prima che la figura dinoccolata dell'altro faccia capolino all'uscita di uno dei gate. Alza il braccio destro cercando di attirare la sua attenzione, non facendo caso a come gli occhiali da sole e la tinta bionda dei capelli possa rendere difficile all'altro, riconoscerlo. Alla fine è costretto a richiamarlo a voce, facendogli cenno di avvicinarsi.

"Eddie! Brutta persona, da quanto tempo non ci vediamo?"

Un altro aspetto caratteriale che distingue i due è il diverso parere sulle effusioni in pubblico. Nicholas non si fa problemi a buttare a terra la borsa per poi abbracciarlo, il rosso reagisce irrigidendosi come un tronco e picchiettandogli una spalla con la mano destra.

"Sei in ritardo Nicholas."

"Si, lo so. Lo so. Scusa, mi sono fermato a chiacchierare con la mia vicina di posto, ed abbiamo mangiato qualcosa una volta scesi. Ehi! Lo finisci quello?"

Non fa nemmeno in tempo a finire la propria frase, che si avventa sul panino, staccandogli un morso. Il medico nemmeno protesta. Lo ha fatto aspettare per mangiare qualcosa, con una perfetta sconosciuta, e gli frega comunque mezzo tramezzino. Niente di nuovo, Nicholas é uno che prende quello che può. Lo ha sempre fatto ed ormai non cambierà più.


"Beh? Cos'é questa novità? Biondo? Non vorrai farti vedere così al ballo organizzato da zia Gabrielle, vero?"

"Ad essere sincero, l'idea è proprio quella."

"Ma stai scherzando? Dai, darà di matto. Cos'é? Una ripicca per qualcosa?"

"Non sono così infantile, e poi di cosa mai potrei volermi vendicare?"


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"Senti mamma, non è possibile, ho da fare in questi giorni, e non ho tempo da perdere."

"Non perderesti tempo, aiuteresti qualcuno della tua famiglia."

"Semmai un mio consanguineo."

"E dove sarebbe la differenza?"

"Lascia perdere. Comunque davvero, non ho tempo per badare a Nicholas."

"Lo devi solo ospitare per qualche giorno, ed aiutarlo a trovare una casa. Mi sembra una cosa normale."

"Ti faccio presente che io ho fatto tutto da solo. Ed ero al primo anno di università."

"Beh? Vuoi un applauso per questo? Ma soprattutto, hai intenzione di discutere per una cosa così piccola?"

Un lungo sospiro abbandona le labbra sottili del medico, che inizia ad affrontare la questione come un semplice problema matematico. Accettare la richiesta gli causerà un fastidio di tre o quattro giorni al massimo. Rifiutare implicherebbe scatenare almeno un mese di guerra fredda con sua madre. Il male minore è facile da riconoscere. Ha abbastanza buonsenso per rendersi conto quando una partita è persa in partenza.


"Quando hai detto che arriva?"


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"Allora? Non sei contento di avermi come coinquilino? Direi almeno due settimane, ci divertiremo cuginetto."

Il pensiero di avere Nicholas in giro per casa sua, per un lasso di tempo superiore a quello di una cena, gli fa scorrere un brivido gelido lungo la schiena.

"Veramente c'é un piccolo cambio di programma. Ti ho prenotato una stanza in albergo, consideralo un regalo di compleanno un poco in anticipo o molto in ritardo. Da domani inizieremo a cercarti una casa in affitto. Conto di sistemarti prima della settimana prossima."

"Ma la zia aveva detto..."

"Si, so cosa aveva detto, ma non puoi stare da me."

"E perché scusa? Dai, non farò casino. Beh non troppo almeno. Ehi, posso badare anche al tuo cane. Come fa Trish"

La sorella di Nicholas, iscritta in medicina, ed una delle tante dog sitter a cui il medico ha sbolognato Tallio quando era troppo impegnato per badargli.

"Non puoi stare da me, in tre saremmo in troppi."

Lascia il cugino prendere atto della cosa, alzando di poco lo sguardo verso il cielo. Plumbeo e con più di minaccia di pioggia. Scarta a priori l'ipotesi di fare una passeggiata, cercando un taxi.


"Non sapevo che... Aspetta neanche tua madre lo sapeva.. Convivi con qualcuna?"

"Praticamente. Ora non cominciare a..."

Vana speranza.

"Eds ha la ragazza.. Eds ha la ragazza... Eds ha la..."

La cantilena infantile viene interrotta solamente dello spintone che il medico gli rifila. Abbastanza violento, tenuto conto che sono sufficientemente lontani dal bordo del marciapiede.

"Sei un cagacazzi Eds."

"Touche. Puoi smettere di chiamarmi Eds?"

"Non credo proprio."

Non si era aspettato nulla di diverso, e quindi si limita ad una veloce scrollata delle spalle. Riesce finalmente a richiamare l'attenzione di un taxi, che posteggia lì vicino. Apre la portiera facendo cenno all'altro di entrare ed omaggiandolo con un inchino chiaramente burlesco. Nicholas borbotta qualcosa di simile a "sbronzo che sei" ma un po' diverso.
Il Rosso lo segue subito dopo, dando la destinazione all'autista.

"Sul lungo mare? Bel colpo cuginetto."

"Lo dici solo perché non hai visto la spiaggia di Capital City."

"Spiaggia vuol dire ragazze. A proposito, mi presenti le tue colleghe?"

"All'ultimo anno di collegio mi hai chiesto di presentarti delle giovani cadette. Cosa ti fa pensare che la mia risposta, oggi, possa essere diversa?"

"Non saprei, speravo che negli ultimi anni, qualcuno ti avesse sfilato quella scopa da su per il culo."

Il medico ridacchia, ed anche il colpo di tosse che sfugge al tassista è sospettosamente simile ad una risata soffocata.

"Preferivo l'altra."

"Eh?"

"L'altra tua battuta. 'Sei così freddo che se bevessi acqua bollente, cagheresti comunque dei cubetti di ghiaccio'. Fisicamente impossibile, ma ben strutturata."

"La classe non è acqua, cugino."

"Ad ogni modo, vuoi davvero che ti presenti qualcuna?"

"Chi hai in mente?"

"Non tanto alta, mora, occhioni, faceva la cheerleader. Se le riempi spesso il bicchiere e stai ad ascoltare passerete una bella serata."

"Nel senso che me..."

"Sei un porco. Non intendevo quello. Beh, se ti va questo è il suo contatto."

Volta quindi il capo, sbirciando sovrappensiero fuori dal finestrino. È perplesso. Ha fatto un dispetto a Nicholas a causa della sua fastidiosa invasione, od a Rebecca per averlo chiamato "gelato al limone" una volta di troppo. Alla fine scrolla le spalle, borbottando qualcosa a mezza bocca.


"Oh beh, non è molto importante."











venerdì 11 luglio 2014

Il Blue Angel è un piccolo pub di Capital City. Posizione centrale, non molto spazioso, clientela giovane. Specializzato nella creazione di cocktail incredibilmente variopinti e decorati da qualsiasi cosa, dalle classiche fette di frutta, ovviamente sintetiche, a bossoli di pallottole. Si trova ad un paio di isolati dall'Aaron Lee College, ma aprendo non prima delle undici di sera è off limits per i cadetti, costretti a rientrare dalle franchigia circa un'ora prima.

Nonostante tutto un terzetto di allievi, che con il passare degli anni ha acquisito una certa esperienza nello sgattaiolare fuori dal collegio di nascosto, lo ha elevato al rango di ritrovo abituale. Tradizione che poi si é protratta anche una volta superata l'adolescenza, quando per diverso tempo hanno perso quasi del tutto i contatti.
Nei successivi dieci anni il locale, nonostante due cambi di gestione e il passaggio di frotte di camerieri e baristi, è quasi lo stesso. Unica eccezione, una vetrata che permette, dall'esterno, di farsi una panoramica dei tavoli.

Il Rosso, si trova proprio davanti a quella vetrata e sta sbirciando all'interno con aria perplessa. Non si era reso conto di essersi avvicinati al locale, durante la passeggiata. Scuote il capo un paio di volte. Non è la prima volta che le sue camminate serali sfuggano al suo controllo. Quasi sovrappensiero, muove i pochi passi che lo portano alla porta di ingresso. Non è automatizzata, un tocco retrò che ricorda dalla sua adolescenza.

Entrare è stato un errore. Se ne è reso conto non appena ha messo un piede oltre la soglia. Erano lì, l'ultima volta che l'ha vista viva. E sempre lì, per l'ultima volta si sono incontrati tutti e tre assieme.


"Una moto Shaw? E cos'è questa novità?"

"Tu vai su Roanoke, un foruncolo sul culo del 'Verse, ed io sono rimasto senza la mia autista preferita. Mi sono dovuto arrangiare da solo, Bionda."


Indietreggia di un passo, stordito, fino a quando la schiena non tocca lo stipite della porta. Alza il braccio destro, in un movimento che ormai gli risulta quasi automatico, massaggiandosi la tempia, vittima di un'improvvisa emicrania. Sta per voltarsi, ricercando alla cieca la maniglia, quando qualcuno gli si rivolge.

"Ehi! Ciao! Quanto tempo."


Bloccato sul posto volta lentamente il capo, e gli occhi azzurri si posano sulla ragazza davanti a se. Alta poco più di un metro e mezzo, visetto tondo, capelli biondi divisi in due codini. Indossa jeans, una camicetta bianca ed il grembiule blu, che ogni cameriere del locale deve portare. Un'altra costante, sebbene di poca classe.
La guarda per cinque o sei secondi, prima di riuscire ad inquadrarla. Katy, Kay, Katia, qualcosa del genere. Lavorava al Blue Angel un paio di anni addietro, ma da quel poco che ricordava aveva poi dovuto lasciare Capital City.


"Eh, già parecchio tempo. Senti io credo di aver commesso un..."

"Nessun errore! Come vedi c'é ancora posto. Forza, ti porto al tuo tavolo."

Cogliendo il medico di sorpresa allunga un braccio, chiudendo le dita sul suo polso, intenzionata a tirarselo dietro. La mano è molto calda. Normalmente si sarebbe divincolato, infastidito da tale comportamento, eppure si trova a seguirla docilmente. Guardandosi attorno nota altri due camerieri girare per i tavoli, ed il barista intento a lavare dei bicchieri. Fin troppo personale, tenuto conto che al momento è l'unico cliente. Inizia a comprendere perché Kaya, Kyra o qualcosa del genere sia così insistente. Si lascia guidare fino a quello che, con un tuffo al cuore, riconosce essere il "loro" tavolo. L'istinto di liberarsi dalla stretta si fa di nuovo vivo, ma raggiunta la destinazione la cameriera lo lascia.


"Eccoci! Vi sedevate sempre qui no? Tu ed i tuoi amici. Continuo a dire al capo di far sistemare il muro, ma mai che mi dia retta."


Il giovane non ha bisogno di guardare, per capire che alluda ad una S ed una L, grosse quanto un pollice, incise nel muro. Dalla lama di un coltellino. Sylene era stata l'unica a farlo.

"Cazzo Shaw! Sei una femminuccia. Bevi anche come una femminuccia."

"Fanculo Liljat! Tu, più che una donna, parli come un vaccaro rimmer. Ignorante come una capra e con le emorroidi al culo."

"Eddieboy, non dare della capra alla mia sorellina. E poi tengo a farti notare come né l'ignoranza, né l'essere vittima di emorroidi, ha un qualche tipo di influenza sulla voce di una persona."


Non si siede sullo sgabello. É più corretto dire che le gambe gli cedono, ed ha abbastanza fortuna da finirvi sopra. È seduto chino di poco in avanti, gomiti poggiati sul tavolo, volto nascosto tra le mani.
Un'anticipazione della serata, gli si fa strada nella mente. Un cocktail, magari due o tre, ed il primo passo verso l'accettazione, o la rielaborazione del proprio lutto. Un passo oltre quella negazione, dietro cui si è ostinatamente trincerato.

"Sono morti, Shaw. Crepati, andati, sono fottutamente morti."

 Di colpo è troppo. Riapre di scatto gli occhi e sta per rialzarsi, quando viene bloccato da Kayla, Kendra o qualcosa del genere, che gli appoggia davanti un bicchiere. Stretto e lungo, contiene un liquido blu ed ha due piccole piume bianche, ovviamente finte, incollate ai lati.

"Ecco qui, alla fine mi sono ricordato che prendevi sempre la stessa cosa ogni volta, inutile farti ordinare no?"


Il Rosso porta una mano al colletto della camicia, sbottonandolo. Improvvisamente accaldato e con le labbra secche.

"Senti, sei stata molto gentile, ma io devo andare. Un impegno. Te lo pago comunque eh."

"Ma cosa dici? Stanno arrivando no? Non vorrai lasciare da soli i tuoi amici vero?"



Ridacchia divertita, allontanandosi in fretta, nonostante non ci siano altri clienti da servire. Il medico si porta il palmo della mano alla fronte. É zuppa di sudore.

"Sai Eddieboy? Kathleen ha ragione. Gli amici non si lasciano da soli."

Si blocca di colpo, la voce proviene dal divanetto di fronte a lui. Sa che è vuoto. Eppure con la coda dell'occhio nota due figure, e le narici vengono invase da quell'odore dolciastro che, chiunque abbia qualche nozione di medicina, accosta senza errore alla carne bruciata. Rimane immobile, deglutendo a vuoto.

"Insomma Reddie voltati! Che fine ha fatto la tua educazione? Screanzato"


Obbedisce alla voce, femminile, che lo canzona, voltandosi in avanti. Lentamente, come un ingranaggio privo di olio.
Prima che gli occhi azzurri si posino sulle due figure, un ultimo pensiero razionale gli affiora alla mente. Sono morti. La loro nave è esplosa durante un viaggio nello spazio. Non ci possono essere resti.

Eppure è proprio quello che ha davanti. Due corpi, letteralmente carbonizzati. Può vedere le sottile linee dei muscoli ormai essiccati e l'affiorare del bianco delle ossa, immediatamente bagnate da rivoli di sangue.
Alcune placche grigie coprono il costato, ed il giovane sa che sono i resti di tute spaziali.
Sulle braccia si vanno a gonfiare delle vistose bolle rosse. Il labbro inferiore di uno dei due esplode, come un pezzo di carne troppo corta, macchiando il tavolo.

"Sisko! Sai che non amo lo sporco"

"E cosa ci posso fare, fratellino rompipalle?"


L'esplosione di una firefly, nello spazio aperto, non lascia integro un cadavere. Ustioni così gravi non permettono ulteriore sanguinamento. La pelle dovrebbe essere ormai morta del tutto e priva di bolle. In quello che pare un semplice meccanismo di difesa, la sua mente si limita ad elencare incongruenze logiche e mediche, invece che affrontare quello che ha davanti.
Il fuoco, ( non c'é fuoco nello spazio ), ha risparmiato soltanto gli occhi di entrambi, la stessa tonalità di azzurro, e qualche ciocca di capelli biondi sulla testa della donna. Od almeno è così fino a quel momento, il bianco degli occhi collassa, sciogliendosi e colando lungo le guance scarnificate come se fossero lacrime.

"Allora? Cosa ci fai ancora qui? Perché sei ancora da questa parte Eddieboy?"


Il Rosso apre e chiude le labbra più volte, senza riuscire a formulare un solo pensiero di senso compiuto.

"Avevi detto che ti saresti occupato di me, Reddie. Non l'hai ancora fatto. Sei vivo. Perché sei ancora vivo?"

Le braccia di entrambi vengono allungate verso di lui, dita protese che quasi gli sfiorano le guance. La stessa domanda, ripetuta all'infinito.

"Perché sei ancora vivo?"

Il Rosso, seduto nel locale urla.
Il Rosso, risvegliandosi febbricitante in una casa vuota, continua ad urlare.



At night I hear it creeping
At night I feel it move
I'll never sleep here anymore

I wish you never told me
I wish I never knew
I wake up screaming
It's all because of you

So real these voices in my head
When it comes back you won't be
Scared and Lonely
You won't be scared
You won't be scared and lonely
You won't be scared you won't be lonely