venerdì 11 luglio 2014

Il Blue Angel è un piccolo pub di Capital City. Posizione centrale, non molto spazioso, clientela giovane. Specializzato nella creazione di cocktail incredibilmente variopinti e decorati da qualsiasi cosa, dalle classiche fette di frutta, ovviamente sintetiche, a bossoli di pallottole. Si trova ad un paio di isolati dall'Aaron Lee College, ma aprendo non prima delle undici di sera è off limits per i cadetti, costretti a rientrare dalle franchigia circa un'ora prima.

Nonostante tutto un terzetto di allievi, che con il passare degli anni ha acquisito una certa esperienza nello sgattaiolare fuori dal collegio di nascosto, lo ha elevato al rango di ritrovo abituale. Tradizione che poi si é protratta anche una volta superata l'adolescenza, quando per diverso tempo hanno perso quasi del tutto i contatti.
Nei successivi dieci anni il locale, nonostante due cambi di gestione e il passaggio di frotte di camerieri e baristi, è quasi lo stesso. Unica eccezione, una vetrata che permette, dall'esterno, di farsi una panoramica dei tavoli.

Il Rosso, si trova proprio davanti a quella vetrata e sta sbirciando all'interno con aria perplessa. Non si era reso conto di essersi avvicinati al locale, durante la passeggiata. Scuote il capo un paio di volte. Non è la prima volta che le sue camminate serali sfuggano al suo controllo. Quasi sovrappensiero, muove i pochi passi che lo portano alla porta di ingresso. Non è automatizzata, un tocco retrò che ricorda dalla sua adolescenza.

Entrare è stato un errore. Se ne è reso conto non appena ha messo un piede oltre la soglia. Erano lì, l'ultima volta che l'ha vista viva. E sempre lì, per l'ultima volta si sono incontrati tutti e tre assieme.


"Una moto Shaw? E cos'è questa novità?"

"Tu vai su Roanoke, un foruncolo sul culo del 'Verse, ed io sono rimasto senza la mia autista preferita. Mi sono dovuto arrangiare da solo, Bionda."


Indietreggia di un passo, stordito, fino a quando la schiena non tocca lo stipite della porta. Alza il braccio destro, in un movimento che ormai gli risulta quasi automatico, massaggiandosi la tempia, vittima di un'improvvisa emicrania. Sta per voltarsi, ricercando alla cieca la maniglia, quando qualcuno gli si rivolge.

"Ehi! Ciao! Quanto tempo."


Bloccato sul posto volta lentamente il capo, e gli occhi azzurri si posano sulla ragazza davanti a se. Alta poco più di un metro e mezzo, visetto tondo, capelli biondi divisi in due codini. Indossa jeans, una camicetta bianca ed il grembiule blu, che ogni cameriere del locale deve portare. Un'altra costante, sebbene di poca classe.
La guarda per cinque o sei secondi, prima di riuscire ad inquadrarla. Katy, Kay, Katia, qualcosa del genere. Lavorava al Blue Angel un paio di anni addietro, ma da quel poco che ricordava aveva poi dovuto lasciare Capital City.


"Eh, già parecchio tempo. Senti io credo di aver commesso un..."

"Nessun errore! Come vedi c'é ancora posto. Forza, ti porto al tuo tavolo."

Cogliendo il medico di sorpresa allunga un braccio, chiudendo le dita sul suo polso, intenzionata a tirarselo dietro. La mano è molto calda. Normalmente si sarebbe divincolato, infastidito da tale comportamento, eppure si trova a seguirla docilmente. Guardandosi attorno nota altri due camerieri girare per i tavoli, ed il barista intento a lavare dei bicchieri. Fin troppo personale, tenuto conto che al momento è l'unico cliente. Inizia a comprendere perché Kaya, Kyra o qualcosa del genere sia così insistente. Si lascia guidare fino a quello che, con un tuffo al cuore, riconosce essere il "loro" tavolo. L'istinto di liberarsi dalla stretta si fa di nuovo vivo, ma raggiunta la destinazione la cameriera lo lascia.


"Eccoci! Vi sedevate sempre qui no? Tu ed i tuoi amici. Continuo a dire al capo di far sistemare il muro, ma mai che mi dia retta."


Il giovane non ha bisogno di guardare, per capire che alluda ad una S ed una L, grosse quanto un pollice, incise nel muro. Dalla lama di un coltellino. Sylene era stata l'unica a farlo.

"Cazzo Shaw! Sei una femminuccia. Bevi anche come una femminuccia."

"Fanculo Liljat! Tu, più che una donna, parli come un vaccaro rimmer. Ignorante come una capra e con le emorroidi al culo."

"Eddieboy, non dare della capra alla mia sorellina. E poi tengo a farti notare come né l'ignoranza, né l'essere vittima di emorroidi, ha un qualche tipo di influenza sulla voce di una persona."


Non si siede sullo sgabello. É più corretto dire che le gambe gli cedono, ed ha abbastanza fortuna da finirvi sopra. È seduto chino di poco in avanti, gomiti poggiati sul tavolo, volto nascosto tra le mani.
Un'anticipazione della serata, gli si fa strada nella mente. Un cocktail, magari due o tre, ed il primo passo verso l'accettazione, o la rielaborazione del proprio lutto. Un passo oltre quella negazione, dietro cui si è ostinatamente trincerato.

"Sono morti, Shaw. Crepati, andati, sono fottutamente morti."

 Di colpo è troppo. Riapre di scatto gli occhi e sta per rialzarsi, quando viene bloccato da Kayla, Kendra o qualcosa del genere, che gli appoggia davanti un bicchiere. Stretto e lungo, contiene un liquido blu ed ha due piccole piume bianche, ovviamente finte, incollate ai lati.

"Ecco qui, alla fine mi sono ricordato che prendevi sempre la stessa cosa ogni volta, inutile farti ordinare no?"


Il Rosso porta una mano al colletto della camicia, sbottonandolo. Improvvisamente accaldato e con le labbra secche.

"Senti, sei stata molto gentile, ma io devo andare. Un impegno. Te lo pago comunque eh."

"Ma cosa dici? Stanno arrivando no? Non vorrai lasciare da soli i tuoi amici vero?"



Ridacchia divertita, allontanandosi in fretta, nonostante non ci siano altri clienti da servire. Il medico si porta il palmo della mano alla fronte. É zuppa di sudore.

"Sai Eddieboy? Kathleen ha ragione. Gli amici non si lasciano da soli."

Si blocca di colpo, la voce proviene dal divanetto di fronte a lui. Sa che è vuoto. Eppure con la coda dell'occhio nota due figure, e le narici vengono invase da quell'odore dolciastro che, chiunque abbia qualche nozione di medicina, accosta senza errore alla carne bruciata. Rimane immobile, deglutendo a vuoto.

"Insomma Reddie voltati! Che fine ha fatto la tua educazione? Screanzato"


Obbedisce alla voce, femminile, che lo canzona, voltandosi in avanti. Lentamente, come un ingranaggio privo di olio.
Prima che gli occhi azzurri si posino sulle due figure, un ultimo pensiero razionale gli affiora alla mente. Sono morti. La loro nave è esplosa durante un viaggio nello spazio. Non ci possono essere resti.

Eppure è proprio quello che ha davanti. Due corpi, letteralmente carbonizzati. Può vedere le sottile linee dei muscoli ormai essiccati e l'affiorare del bianco delle ossa, immediatamente bagnate da rivoli di sangue.
Alcune placche grigie coprono il costato, ed il giovane sa che sono i resti di tute spaziali.
Sulle braccia si vanno a gonfiare delle vistose bolle rosse. Il labbro inferiore di uno dei due esplode, come un pezzo di carne troppo corta, macchiando il tavolo.

"Sisko! Sai che non amo lo sporco"

"E cosa ci posso fare, fratellino rompipalle?"


L'esplosione di una firefly, nello spazio aperto, non lascia integro un cadavere. Ustioni così gravi non permettono ulteriore sanguinamento. La pelle dovrebbe essere ormai morta del tutto e priva di bolle. In quello che pare un semplice meccanismo di difesa, la sua mente si limita ad elencare incongruenze logiche e mediche, invece che affrontare quello che ha davanti.
Il fuoco, ( non c'é fuoco nello spazio ), ha risparmiato soltanto gli occhi di entrambi, la stessa tonalità di azzurro, e qualche ciocca di capelli biondi sulla testa della donna. Od almeno è così fino a quel momento, il bianco degli occhi collassa, sciogliendosi e colando lungo le guance scarnificate come se fossero lacrime.

"Allora? Cosa ci fai ancora qui? Perché sei ancora da questa parte Eddieboy?"


Il Rosso apre e chiude le labbra più volte, senza riuscire a formulare un solo pensiero di senso compiuto.

"Avevi detto che ti saresti occupato di me, Reddie. Non l'hai ancora fatto. Sei vivo. Perché sei ancora vivo?"

Le braccia di entrambi vengono allungate verso di lui, dita protese che quasi gli sfiorano le guance. La stessa domanda, ripetuta all'infinito.

"Perché sei ancora vivo?"

Il Rosso, seduto nel locale urla.
Il Rosso, risvegliandosi febbricitante in una casa vuota, continua ad urlare.



At night I hear it creeping
At night I feel it move
I'll never sleep here anymore

I wish you never told me
I wish I never knew
I wake up screaming
It's all because of you

So real these voices in my head
When it comes back you won't be
Scared and Lonely
You won't be scared
You won't be scared and lonely
You won't be scared you won't be lonely






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